Meaningfully Different Brands, aziende e comunicatori devono puntare sull’immaginazione

AI, dati e KPI sono elementi fondamentali, ma quello umano è imprescindibile
29 ottobre 2024
Difference
Federico Capeci
Federico
Capeci

Managing Director Italy

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Creare brand di successo e mantenerli non è solo generare notorietà e associazioni di immagine alla marca, almeno non più da diverso tempo. L’obiettivo del marketing è generare predisposizione positiva presso i consumatori. Non sono rari i casi in cui marche molto note, e univocamente associate a un profilo di immagine consolidato, nei fatti non riescano a conquistare i favori del pubblico, perdendo quote di mercato. Lo spiega Federico Capeci, CEO di Kantar Italia, che ha analizzato dati comportamentali di acquisto e dati attitudinali di percepito di marca attraverso la propria piattaforma BrandZ, il più grande database di brand equity al mondo. Il progetto si chiama ‘Blueprint for Brand Growth’, frutto di una meta-analisi condotta su 6,5 miliardi di data points rilevati nell’ultimo decennio su oltre 21.000 brand in tutto il mondo, da cui emergono evidenze in merito al valore economico e finanziario che i brand possono generare per i propri shareholder.

Brand equity e 3 KPI imprescindibili

I brand che sono in grado di generare una forte predisposizione del consumatore, attraverso una brand equity potente, hanno la capacità di ottenere una quota di mercato a volume 9 volte maggiore; un prezzo medio 2 volte superiore; un potenziale di crescita futura 4 volte superiore. Brand di questo tipo mostrano una maggior capitalizzazione finanziaria, una miglior resilienza nei momenti di crisi macro-economica e una capacità di accelerare la crescita nei periodi di crescita, notevolmente maggiore degli altri brand presenti nei principali ambiti di Bor[1]sa. Vi sono tre KPI che Kantar suggerisce di monitorare, altamente correlati alla predisposizione e al potenziale di un brand: la Meaningfulness, ovvero la capacità che un brand ha di rispondere ai bisogni del consu[1]matore e di creare con questo affinità emotiva; la Differentiation, ossia il percepito di marca unica, in grado di intercettare e guidare le tendenze; la Saliency, la capacità del brand di emergere alla mente nel momento in cui il consumatore pensa alla categoria.

La Differenziazione è cruciale

Questi tre fattori concorrono alla creazione del valore di brand, ciascuno con un ruolo specifico. Iniziando dalla Saliency, l’analisi mostra come questo elemento non sia da tempo più un fattore da attivare all’inizio del processo di costruzione di marca, come alcuni modelli di ‘funnel’ richiederebbero: la salienza è un moltiplicatore degli effetti generati dai due fattori Meaningfulness e Differentiation. Brand solamente molto noti non sono in grado di generare predisposizione, o, detta in modo diverso, un marchio dovrebbe attivare leve di notorietà solo dopo aver identificato le proprie aree di rilevanza e di differenziazione. La Meaningfulness conta per il 38% del Brand Power, l’indicatore di Equity di Kantar: saper identificare e cavalcare aree di posizionamento in grado di generare affinità funzionale ed emotiva con i consumatori è un fattore critico di successo dei migliori brand del mercato. Infine, ma non ultima di importanza, la Differentiation, ovvero la capacità del brand di essere riconosciuto per le proprie unicità e per la capacità di influenzare le tendenze del mercato in cui opera: questo aspetto risulta particolarmente importante nel guidare la ‘premiumness’ percepita dei brand e il potenziale di crescita futura. Elaborando con più dettaglio le analisi su quest’ultimo aspetto, si nota che, anche in Italia, la Differentiation risulta essere fattore critico: il suo contributo nel generare un prezzo più alto della concorrenza è del 54% nel nostro Paese, contro il 49% rilevato a livello medio globale. Nonostante queste evidenze sull’importanza di essere e di mostrarsi differenti, sempre in Italia, solo un brand su tre può vantare una Differentiation chiaramente percepita dai consumatori, mentre il 54% dei brand mostra una differenziazione nulla e il 13% scarsa. Eppure, i brand in grado di posizionarsi come Different hanno una capacità di ottenere una brand equity e una consideration tre volte superiore a brand ‘Undistinguished’.

Come diventare Different

Quindi per generare il posizionamento Different è necessario che il brand sia dinamico, in grado di interpretare le tendenze e abbia un ruolo di attivatore di trend. Un marchio ‘differente’ deve essere distintivo nel suo modo di manifestarsi al mercato con la comunicazione, il design, i prodotti ed experience nel punto vendita; inoltre deve essere percepito come unico, nel modo in cui pensa e opera i propri prodotti e servizi. Infine i brand ‘Different’ hanno una qualità superiore, intesa come caratteristica di prodotto ed esperienza complessiva nella relazione con il consumatore. “È interessante notare - commenta Capeci - come in questa caccia al tesoro della differenziazione, la comunicazione giochi un ruolo chiave: marche a cui il consumatore riconosce abilità e creatività nella pubblicità possono diventare ‘Different’ 2,9 volte i brand senza questo asset. La comunicazione creativa, coinvolgente, sorprendente, rilevante, motivante e affine al brand, genera valore di brand e questo è provato dai dati”.

AI generated advertising

Diventa quindi fondamentale creare Meaningfully Different Brand, superando e qualificando i vecchi mantra del marketing orientati alla notorietà e alla ‘semplice’ rispondenza dei bisogni dei consumatori. In tale contesto si inserisce l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per generare pubblicità. Kantar ha studiato l’efficacia di alcuni annunci creati con l’AI, da cui emerge in primo luogo che la performance varia in modo notevole da caso a caso, a dimostrazione del fatto che non vi sia un valore trasversale e stabile nell’uso della tecnologia generativa in termini di efficacia sul consumatore. Più nello specifico, ci sono elementi di valore che stanno emergendo come nuove opportunità per la creatività, ma anche diversi elementi ancora manchevoli di impatto. Con questi studi, Kantar ha compreso, per esempio, che la tecnologia può essere oggi in grado di sviluppare una pubblicità dotata di buona capacità di impatto creativo, di generare un’esecuzione che possa piacere al consumatore. Si registra, inoltre, una buona capacità degli spot AI anche di veicolare i messaggi e i benefit richiesti dalla strategia. Quello in cui, tuttavia, la AI ancora fa fatica ad esprimere è il branding, quando le ambizioni dell’azienda sono quelle di generare legame concettuale ed emotivo, non solamente riconoscimento del logo e del prodotto. Un altro elemento che i test rilevano a fatica è l’uso di un consumer insight che sia davvero intimo, motivante e sorprendente. Per entrambi questi due fattori le nozioni di contesto, unite alla dose necessaria di immaginazione, di intuizione e di creatività, sono aspetti chiave ancora appannaggio umano. Quindi, sebbene i benefici di approcci AI based in termini di personalizzazione su grande scala, e quindi di efficacia complessiva delle campagne, siano spesso superiori al 20% rispetto a campagne massificate, pare oggi ancora limitata la capacità della tecnologia di creare in autonomia comunicazioni davvero efficaci nel posizionare il brand su insight intimi e nuovi, rendendo la marca Meaningfully Different rispetto alla concorrenza.

Utente e brand, non sempre l’AI funziona

C’è, infine, un altro aspetto che richiede una prospettiva umano-centrica: la reazione dell’utente. Kantar ha dimostrato che la consapevolezza di essere oggetto di campagne e iniziative algoritmiche e generate da AI rende la risposta dell’utente e la predisposizione verso il brand più tiepida. L’adesione a una marca, ovvero al suo sistema valoriale, richiede e stimola un processo di costruzione identitaria che i brand devono favorire e non frustrare. La relazione consumatore-brand, quando meccanicizzata, suscita distanza e allontana l’utente dalla marca. Al contrario, una marca con una propria personalità, umanizzata, ritenuta capace di capire e stimolare il consumatore, sarà sempre una marca di valore a cui i consumatori saranno legati e grati. “La creazione di brand Meaningfully Different, almeno per il momento, non può essere delegata ad un algoritmo, a cui manca contesto, voglia di rompere le regole, intuizione, coraggio e cuore” prosegue Capeci. I dati Kantar Insights 2030 dicono che il 68% delle aziende leader di mercato hanno strumenti, pratiche e management customer-centrici: saper leggere, interpretare e agire in base ai dati e ai bisogni del consumatore è fattore critico di successo per le aziende che crescono. Aziende dotate di Customer-Centricity ma anche di immaginazione, liberata nei processi, cercata nelle skill e autorizzata dalla cultura aziendale, hanno una probabilità di appartenere ad aziende di successo ancor maggiore, fino all’87%. “Capire il consumatore è quindi oggi fattore necessario ma non più sufficiente per garantire la crescita – conclude Capeci -. La differenza che fa la differenza si chiama Immaginazione”.

Articolo a cura di Silvia Antonini, pubblicato sullo speciale Intersections 2024 del mensile cartaceo DailyMagazine
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