Sostenibilità: un imperativo scomodo

Nuovi prodotti, modalità di comunicazione e approcci al mercato: la sostenibilità parte integrante della catena del valore
16 marzo 2022
Sostenibilità Kantar
Cristina Colombo
Cristina
Colombo

Director, Impact & Offer, Insights, Italy

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In questo momento tutti parlano di Sostenibilità e di sviluppo sostenibile, sembra non esserci una opportunità di crescita più rilevante. Sostenibilità, intesa come l’integrazione nelle strategie aziendali di obiettivi di crescita economica compatibili con la tutela dell’ambiente e l’inclusione sociale.

La Sostenibilità è diventata un vero e proprio imperativo di business e che costituisca un vantaggio competitivo è ormai chiaro ed incontrovertibile: la capacità di lavorare in modo sostenibile è una grande opportunità commerciale. E questa evidenza è basata su fatti concreti:

  • Il World Business Council for Sustainable  Development stima che perseguire modelli di business basati sulla sostenibilità anche solamente in 4 comparti economici – energetico, agroalimentare, mobilità, salute e benessere - possa generare opportunità economiche per un valore di almeno 12 trilioni di dollari all’anno entro il 2030.
    [fonte: “Integrating the SDGs into Business Models - A Conversation with Filippo Veglio”, WBCSD]
  • I consumatori già eco-active (cioè coloro che, sempre o frequentemente si attivano per migliorare l’ambiente) sono cresciuti significativamente, passando dal 16% del 2019 al 22% - del 2021. Lo studio di Kantar Worldpanel “Who cares, who does” prevede che questo segmento diventi il 56% della popolazione globale nel 2029.
  • Nello European Sustainability Foundational Study, condotto da Kantar in Europa a settembre dello scorso anno, emerge un quadro di chiaro engagement dei consumatori in ambito di sustainability: si informano attivamente (50% della popolazione adulta), vivono il consumo di prodotti sostenibili come una espressione di sé e dei propri valori (46%) e sono disposti a spendere tempo e denaro in aziende che cercano migliorare la società (36%).

  • Last but not least, Kantar BrandZ dimostra che essere percepiti come un brand «sostenibile» non risponde solo ad una finalità etica, ma ha anche una ricaduta sulla domanda del brand, quello che in Kantar chiamiamo Brand Power. E questa relazione è dimostrata statisticamente attraverso una brand structure analysis: il contributo della Brand Reputation (e della BSR in particolare) sulla crescita dell’equity è pari all’8,9%

Chi è chiamato quindi a guidare la trasformazione verso un mondo più sostenibile? Secondo quanto rilevato dallo European Sustainability Foundational Study, i cittadini europei reputano che debbano essere le aziende e i Brand ad assumere la leadership (61% della popolazione europea) e a giocare un ruolo attivo e positivo nella società civile (51%).

In un mondo di iper-cinismo tuttavia, i brand devono essere forensi nel valutare in quale territorio e secondo quali modalità hanno il diritto di giocare la partita della sostenibilità. Nel nostro European Sustainability Foundational Study, vediamo chiaramente lo scetticismo in azione: il 65% degli Europei è cinico riguardo alle motivazioni che possono indurre un brand ad essere attivo in campo sociale ed ambientale, il 43% crede che i brand contribuiscano alla discriminazione utilizzando stereotipi nelle loro comunicazioni e pubblicità ed il 42% ha dichiarato di aver smesso di acquistare prodotti/ servizi a causa dell'impatto ambientale o sociale che questi generavano.

La sostenibilità, quindi, è un imperativo scomodo, perché richiede che le aziende reinventino il loro approccio al mercato, le modalità di comunicazione con i consumatori, i prodotti che offrono. In una parola: fare sostenibilità significa chiedersi come renderla parte integrante ed organica della catena del valore.

Kantar ha sviluppato una practice ed un framework di trasformazione sostenibile per aiutare i business leader a gestire in modo coordinato e sistemico i momenti pivot nell’implementazione dell’imperativo della sostenibilità, oltre a supportarne l’attivazione attraverso il team di Advisory, che facilita la transizione verso un nuovo modello aziendale.

Raggiungere questo obiettivo strategico dovrebbe essere considerato come un percorso che inizia con l’infondere la sostenibilità nel brand purpose, per evitare che sia percepita come mero greenwashing e socialwashing (una scorciatoia che è spesso riconosciuta e punita dai consumatori).

Una volta che il brand ha individuato la sua modalità, specifica ed unica, di integrare la sostenibilità nel suo purpose, questo dovrà diventare l’ispirazione ed il nutrimento per i passi e le sfide successive.

In questo contesto si parla di innovazione sostenibile: la visione strategica identificata dovrà fungere da bussola per guidare il funnel innovativo nella creazione di prodotti e servizi che siano “sustainable by design”.

Dal purpose declinato in termini di sostenibilità discendono specifici messaggi e tone of voice. In questo periodo la comunicazione sui temi legati alla sostenibilità è superaffollata ed è vitale trovare e difendere un punto di vista peculiare del brand, per essere efficaci e distintivi.

Per ultimo ma non da ultimo, per garantire la credibilità del purpose sostenibile e per farlo vivere, la promessa deve essere abbracciata, adottata all’interno dell’azienda per poter innescare l’azione all’esterno, nel mercato. Perché il vero challenge in realtà per i brand che ambiscono a diventare dei leader della sostenibilità, è quello di inspirare e guidare i consumatori all’azione, ed aiutarli a colmare il gap tra il loro desiderio di avere uno stile di vita sostenibile e il loro agire reale.

Non c'è dubbio che ci siano alcuni cittadini impegnati, anche al punto di affermare che dedicherebbero tempo o denaro per supportare le aziende che agiscono in questo settore. Ma la realtà è che, sebbene la maggior parte delle persone non abbia bisogno di essere convinta dell'importanza dei problemi di sostenibilità, ciò non si riflette nel loro comportamento.

Il gap si concretizza in una forte tensione tra le intenzioni dei consumatori – voler condurre una esistenza più sostenibile – e le loro azioni: la sostenibilità sembra implicare sempre una “frizione”, una “rinuncia”, un cambiamento di comportamenti e abitudini ormai consolidati.

Come aiutare quindi i consumatori a fare il grande passo e adottare stili di vita più sostenibili? Questo è senza dubbio uno dei quesiti più difficili, perché in realtà, la sola sostenibilità è raramente un beneficio convincente. Ed è proprio in questo ambito che gli esperti dello human understanding possono dare un contributo significativo ai brand innanzitutto nel comprendere quali sono i fattori di contesto, le convinzioni e le eventuali altre barriere che contribuiscono a mantenere elevato il gap.

Il ricorso alle behavioural sciences diventa cruciale per cogliere quali sono gli elementi in grado di avere le maggiori potenzialità nel suscitare il “feeling of rightness” e favorire un cambiamento concreto dei comportamenti.

In sintesi, abbracciare la sostenibilità non può ridursi a qualche iniziativa di marketing sporadica, che, per quanto utile a migliorare il percepito del consumatore, non garantisce prospettive durature di crescita del business. Dopo la “Era of product” degli anni ’70 (in cui il focus del marketing erano i benefit di prodotto) e la “Era of Person” (in cui l’enfasi si era posta sul consumatore ed i suoi need), il marketing sta inaugurando ora la “Era of Public”:  i nuovi stili di vita ed il cambiamento dei valori dei consumatori, favoriranno i brand che mettono in primo piano la responsabilità sociale e ambientale migliorando la vita dei loro consumatori, aiutandoli ad adottare comportamenti sostenibili e generando un impatto positivo sulla società. E questo impatterà le modalità che i brand usano per raccontare se stessi. Oggi un brand non può semplicemente dire di essere sostenibile. Deve compiere azioni concrete che generino un impatto positivo sulla società. E deve dimostrare di averlo fatto.

Pubblicato integralmente su MarkUp - 2022

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